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La ricostruzione di eventi in AGILE

Quando un fotone gamma materializza all'interno del tracciatore di AGILE, i due elettroni prodotti si propagano con velocità relativistiche attraversando i piani al di sotto del punto di materializzazione. Il loro passaggio è rivelato dagli strati attivi dello strumento. In particolare, ad ogni piano lo strato di Silicio con microstrips parallele a X darà le coordinate y delle particelle che lo attraversano e il piano con le strips Y le coordinate x. Le informazioni che si hanno dopo l'interazione di ogni fotone sono quindi le proiezioni sulle proiezioni x e y dei punti d'intersezione delle traiettorie delle particelle. In figura 2.2 è visualizzato un esempio. A questo punto il lavoro che bisogna fare per ottenere le informazioni che interessano deve seguire in diversi passaggi.

Figure 2.1: I depositi di energia prodotti nella proiezione X e nella proiezione Y da un fotone da 1 GeV (Simulazione Montecarlo).
\begin{figure}\epsfxsize =16cm
\epsfysize =17cm
{\centerline{\epsfbox{fig-kalman/eve.eps}}}
\end{figure}

Figure: I depositi di energia prodotti nella proiezione X e nella proiezione Y da un fotone da 100 MeV (Simulazione Montecarlo). La morfologia complessa di alcuni eventi complica la ricostruzione delle tracce (vedi anche fig. 2.5 a pagina [*])
\begin{figure}\epsfxsize =16cm
\epsfysize =17cm
{\centerline{\epsfbox{fig-kalman/100_225_nudo.eps}}}
\end{figure}


In primo luogo occorre distinguere in ogni vista le due tracce, questo non è affatto banale perchè le tracce hanno spesso una morfologia complessa (specie a basse energie), a causa dello scattering subito dagli elettroni. Inoltre ai depositi lasciati direttamente dalla coppia $e^+e^-$, si aggiungono quelli derivati dai $ \delta$-ray e da altri fenomeni secondari. La complessità di questo lavoro è testimoniata dal fatto che in passato alcune missioni (come EGRET) hanno deciso di sottoporre alcuni degli eventi più complessi al controllo umano.
Distinguere le tracce significa in pratica dividere i punti di una vista in quelli appartenenti ad una traccia, quelli appartenenti all'altra e quelli esterni alle tracce. Una volta fatta questa selezione occorre studiare i punti appartenenti a una tracia per ricostruire le traiettorie dell'elettrone che li ha generati. Occorre cioè "fittare" le misure prese con una linea che modellizza la proiezione su una vista della traiettoria dell'elettrone. Questo compito è reso problematico dall fatto che, come si è visto, il moto dell'elettrone non è retilineo a causa dello scattering multiplo. Inoltre le misure del passaggio dell'elettrone sono affette da un errore intrinseco di ampiezza finita. Il metodo presentato nei paragrafi seguenti è stato sviluppato per ottenere il "fit" ottimale delle misure.
Di particolare importanza è l'inclinazione della traccia subito dopo il vertice. L'ultimo passaggio consiste nel combinare le quattro direzioni iniziali (due per ogni proiezione) della coppia $e^+e^-$ per ottenere finalmente la direzione di arrivo del fotone. Anche questo passo non è immediato. Per prima cosa occorre ottenere le due direzioni tridimensionali del momento degli elettroni, cosa che richiede di associare correttamente le due proiezioni x alle due y (vedi capitolo [*]). Occorre quindi studiare dei metodi che permettano di compiere questa associazione correttamente nel massimo numero di volte possibile. Infine si deve tener conto che la differenza tra le direzioni degli elettroni e la direzione del fotone è legata alla loro energia.La direzione del fotone non coincide, in generale, con la bisettrice delle traiettorie degli elettroni. Bisogna quindi avere una stima del rapporto tra le energie dei due elettroni, misurate sulla base dello scattering multiplo, per ricostruire la direzione del fotone "pesando" opportunamente le direzioni dei due elettroni in funzione della loro energia (vedi paragrafo [*]).



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Andrea Giuliani 2003-10-14