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L'UNIVERSO INVISIBILE

Astronomia gamma

Strumenti per osservare il cielo gamma

Telescopi fotoelettrici Telescopi Compton Telescopi a produzione di coppia Telescopi Cerenkov

 

Processi di interazione dei fotoni gamma con la materia

La rilevazione dei raggi gamma ad energie superiori a qualche centinaio di keV è legata al processo di perdita di energia da parte del fotone quando attraversa la materia che costituisce il rivelatore. Nella maggior parte dei casi di interesse scientifico è l’energia cinetica trasferita ad una particella carica all’interno del rivelatore ad essere misurata, così da questa misura possiamo risalire allo spettro dei fotoni incidenti. Consideriamo il processo di interazione del fotone gamma con la materia. Questo processo è caratterizzato dalla rimozione individuale del fotone gamma dal fascio incidente. Il numero di fotoni soppressi è proporzionale alla luminosità della sorgente ed allo spessore della materia attraversata. Possiamo semplificare il problema con una trattazione semplicistica ed unidimensionale, in tal caso l’intensità I del flusso di fotoni gamma dopo l’attraversamento di uno spessore dx di materiale è:

 

Questa relazione è valida per uno strato di spessore infinitesimo, per ottenere una legge macroscopica occorre integrarla su uno spessore finito x ottenendo l’equazione:

 

poiché ux deve essere adimensionale la costante u deve essere misurata in cm-1. La costante u prende il nome di coefficiente di assorbimento lineare. La grandezza u ha il difetto di non essere legata ad alcun parametro calcolabile direttamente con la fisica nucleare, per tale motivo si preferisce optare per coefficienti più utili. Un coefficiente interessante è ud-1 dove d è la densità del materiale. Il coefficiente ud-1 ha le dimensioni del cm2 g-1 di conseguenza è proporzionale ad una grandezza microscopica facilmente misurabile come la sezione d’urto k specifica del materiale. Il coefficiente ud-1 non è però la sezione d’urto, esso è chiamato coefficiente di assorbimento di massa perché la frazione di fotoni assorbiti nello spessore di un centimetro di materiale. Un altro termine importante è il libero cammino medio, matematicamente è definito come il reciproco del coefficiente di massa e fornisce lo spessore necessario per ottenere una riduzione del flusso pari ad e-1. Le variazioni del flusso di fotoni gamma sono quindi da imputare al valore assunto dal coefficiente ud-1 e di conseguenza alla sezione d’urto k del materiale. Questo coefficiente dipende fortemente dall’energia del fotone incidente, in particolare su vari ordini di grandezza dell’energia, come quelli occupati dalla banda gamma, possono variare anche i processi fisici che contribuiscono al valore di questo coefficiente. Nell’intervallo di energie coperte dalla banda gamma ci sono tre processi dominanti che possono causare l’assorbimento del fotone all’interno della materia: l’effetto fotoelettrico, la diffusione Compton e la produzione di coppie elettrone-positrone. I tre processi avvengono indipendentemente l’uno dall’altro, ragione per cui la sezione d’urto totale, può essere separata in tre sezioni d’urto distinte, una per ogni processo:

 

Prima di arrivare a capire come sono costruiti i rivelatori di fotoni gamma bisogna sapere cosa deve fare un rivelatore di fotoni gamma: in primo luogo deve determinare la direzione di provenienza del fotone, poi deve essere in grado di determinare l’energia persa dal fotone, informazione dalla quale si ricava l’energia iniziale del fotone. La prima operazione consente di ottenere un’immagine del cielo nei raggi gamma mentre la seconda ci permette di ottenere lo spettro della sorgente.

alt nullCome già accennato il coefficiente di assorbimento dipende dall’energia iniziale del fotone, questa dipendenza sussiste anche all’interno dell’intervallo di energia in cui predomina un solo fenomeno di assorbimento. Poiché è impossibile costruire un rivelatore monocromatico occorre conoscere anche la dipendenza di k dall’energia del fotone per ogni singolo fenomeno di assorbimento; siccome il processo di assorbimento del fotone può avvenire con una cascata di reazioni è opportuno esprimere la precedente grandezza in funzione dell’energia mediamente persa in ogni singola reazione :

 

Effetto fotoelettrico e reazione di fluorescenza

L’assorbimento fotoelettrico deriva dall’interazione tra i fotoni gamma e gli elettroni legati agli atomi del cristallo di cui il rivelatore è composto. Tutta l’energia del fotone gamma viene persa durante questa interazione, l’energia persa viene quindi trasferita ad un elettrone secondario sotto forma di energia cinetica parte della quale è necessaria per strappare l’elettrone al proprio nucleo.

Ai fotoni di energia molto elevata rispetto all’energia di ionizzazione l’elettrone appare debolmente legato al rispettivo nucleo e l’effetto fotoelettrico diventa improbabile. Quindi, come mostra il grafico riportato, al crescere dell’energia dei fotoni la sezione d’urto per assorbimento fotoelettrico del fotone decresce rapidamente rispetto al suo valore massimo fissato all’energia di legame. Nei composti di elementi a basso Z il legame con gli elettroni più esterni è piuttosto basso e l’effetto fotoelettrico prodotto da fotoni gamma ha scarsi effetti. Al crescere di Z l’energia di legame cresce rapidamente e l’effetto fotoelettrico diventa assai più rilevante. L’esperienza di laboratorio ci permette di affermare che la sezione d’urto di questi cristalli cresce con un fattore compreso tra Z4 e Z5.

La shell K degli elettroni è quella che fornisce il contributo principale all’effetto fotoelettrico a causa della solidità del loro vincolo. Per fotoni di energia inferiore all’energia di ionizzazione della shell K entra in gioco la shell L, che essendo meno legata, può fornire un’importante contributo alla sezione d’urto fotoelettrica. Questo fenomeno è causa di una discontinuità nella curva della sezione d’urto totale presente a valori corrispondenti alle energie di ionizzazione delle shell K e L dei diveri elementi che costituiscono lo scintillatore.

 

Produzione di coppie

Nel processo a produzione di coppie un fotone gamma viene assorbito nel campo elettrico di un nucleo producendo una coppia elettrone-positrone. L’eccesso di energia che il fotone aveva rispetto a quella necessaria per produrre la coppia elettrone-positrone viene convertita in energia cinetica delle due particelle.

La produzione della coppia elettrone-positrone presenta una soglia di 1022 keV al di sotto della quale la coppia non può essere prodotta. Come nell’effetto fotoelettrico la produzione di una coppia non può avvenire nello spazio libero, infatti la conservazione dell’impulso impone che avvenga nel campo elettrico di una particella carica che si occuperà di trasportare parte dell’impulso. Sia gli elettroni atomici che i nuclei carichi possono fornire questo campo; dove la produzione di coppie coinvolge gli elettroni atomici il rinculo prodotto è piuttosto grande e la soglia di reazione è raddoppiata. La sezione d’urto della produzione di coppie causata da elettroni atomici cresce al crescere di Z mentre, nell’intervallo di energie del fotone che a noi interessa, la sezione d’urto per produzione di coppie causata dai nuclei atomici cresce con Z2. Poiché la sezione d’urto della produzione di coppie è proporzionale al quadrato della carica, nei rivelatori attuali viene sfruttata la reazione nei campi dei nuclei atomici.

Se il fotone ha un’energia molto elevata, tipicamente dell’ordine del GeV una buona approssimazione consiste nel considerare la sezione d’urto dipendente da Z+Z2; l’approssimazione decade per energie del fotone vicine all’energia di soglia ( da 1 MeV a 5 MeV ) a causa di una soglia ad energia maggiore per la produzione di coppie nel campo elettrico degli elettroni rispetto a quella della produzione di coppie nel campo elettrico dei nuclei che è fissata a 1,022 MeV.
Per i fotoni con energia maggiore dell’energia di soglia, parte dell’energia residua viene trasferita alla coppia prodotta, la quale conserva anche una discreta memoria della direzione di provenienza del fotone. L’elettrone e il positrone prodotti trasportano l’energia residua del fotone (cioè l’energia originale meno la soglia di produzione della coppia) all’interno di un cono coassiale con la direzione iniziale del fotone. L’angolo di apertura del cono dipende sia dall’energia iniziale del fotone Ep che dall’energia dell’elettrone Es diffuso le quali sono in relazione tra di loro:

 

dove q è un fattore che può variare tra 0,6 e 3,5. Le misure effettuate in laboratorio ci permettono di concludere che nella produzione dell’elettrone solo una frazione dell’energia del fotone viene ceduta all’elettrone, tale frazione può variare nel seguente intervallo:

 

Generalmente l’angolo di diffusione è piccolo, comunque presenta valori differenti in funzione dell’energia originale del fotone, ad esempio un fotone di 30 MeV diffonde elettroni in un cono con angolo di 4°, uno di 100 MeV diffonde in un cono con angolo di 1,5° mentre l’anglo del cono di diffusione si riduce a 0,2° per fotoni da 1 GeV. La presenza delle due soglie ad energie comprese tra 1 MeV e 3 MeV rende adatto un rilevatore a produzione di coppie per effettuare osservazioni nell’intervallo di energie comprese tra 30 MeV e 100 GeV.

In generale non è possibile misurare l’energia dell’elettrone e del positrone, nell’istante in cui il fotone interagisce e li produce. L’energia va ricostruita dal comportamento dell’elettrone. Un elettrone, quando attraversa la materia, subisce un elevato numero di collisioni, e la maggior parte di esse produce delle deflessioni angolari molto piccole. Se lo strato di materiale è sottile l’energia persa sarà trascurabile e non avverrà l’interazione di bremsstrahlung nella quale viene persa una parte significativa dell’energia dell’elettrone che viene ceduta al fotone prodotto. Nel caso di strato sottile l’energia viene quasi totalmente mantenuta dall’elettrone che subisce la deflessione media:

 

mentre l è il cammino libero medio percorso in unità di lunghezza di radiazione.

 

La diffusione Compton

Nel processo di diffusione Compton l’elettrone si comporta come se fosse libero e conserva energia ed impulso. Il fotone gamma viene allora diffuso sotto un certo angolo e perde energia che viene trasferita all’elettrone sotto forma di energia cinetica. Nel processo Compton il fotone può perdere parte della sua energia in un processo di diffusione oppure la sua energia totale se il processo di diffusione è immediatamente seguito da assorbimento fotoelettrico. Poiché nel processo di diffusione Compton gli elettroni si comportano come se fossero liberi e senza alcuna interazione tra di essi, l’effetto Compton è rigorosamente additivo. Le principali caratteristiche di questo fenomeno possono essere discusse per un singolo elettrone, poi la sezione d’urto andrebbe moltiplicata per Z per ottenere la sezione d’urto atomica.

La relazione che descrive il comportamento del fotone nella diffusione Compton si riferisce ad un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda ed energia E; per semplificare i calcoli esprimiamo queste due grandezze in unità di lunghezza Compton:

 

e dell’energia di riposo dell’elettrone:

 

In queste unità di misura l’equazione tra variazione di lunghezza d’onda e angolo di diffusione diventa:

 

la stessa equazione può essere espressa in funzione dell’energia iniziale del fotone Ep e dell’energia del fotone diffuso E’p

 

La massima perdita di energia del fotone si ottiene a una diffusione di 180° per il cui angolo corrisponde l’energia del fotone diffuso:

 

Un fotone non può dunque perdere completamente la sua energia con un unico processo di diffusione Compton, anzi se l’energia del fotone è molto più grande dell’energia di riposo dell’elettrone il fotone diffuso di 180° avrà un’energia pari a 255 KeV. Ma allora come si comporta la sezione d’urto per lo scattering Compton? L’equazione che descrive la sezione d’urto per diffusione Compton ha una forma piuttosto complicata ma quello che ci interessa è il suo comportamento per i limiti dell’energia del fotone: per un’energia molto più grande dell’energia di riposo dell’elettrone e per una molto più piccola dell’energia di riposo dell’elettrone. Quando l’energia del fotone è molto più grande dell’energia di riposo dell’elettrone la sezione d’urto Compton si comporta nel seguente modo:

 

dove l’energia E è espressa in unità dell’energia di riposo dell’elettrone (511 keV) mentre l’equazione fornisce la sezione d’urto nelle unità Thomson corrispondenti a:

 

Questa equazione comporta una lenta decrescita della sezione d’urto col crescere dell’energia del fotone. Quindi al di sopra di 20 MeV prevale la sezione d’urto per produzione di coppie e quindi a questi livelli di energia sarà più efficiente uno strumento che utilizza questo tipo di interazione. A basse energie la sezione d’urto Compton si comporta nel seguente modo:

 

essa ci dice che la sezione d’urto si annulla a basse energie, quindi in quest’altro intervallo di energie sarà più efficiente nel rilevare i fotoni incidenti uno strumento che sfrutto l’effetto fotoelettrico. In mezzo ai due intervalli, a cavallo dell’energia di riposo dell’elettrone c’è una regione in cui la sezione d’urto Compton prevale e il fotone interagisce con diffusione Compton con una probabilità maggiore rispetto agli altri meccanismi di interazione.

 

 

Nuove tecnologie per focalizzare i fotoni gamma

 

 

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