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L'UNIVERSO INVISIBILE

Astronomia gamma

Telescopi fotoelettrici Telescopi Compton Telescopi a produzione di coppia Telescopi Cerenkov

 

I telescopi Compton

schema di funzionamento di un telescopio ComptonLa sezione d’urto dei fotoni gamma con la materia raggiunge un minimo nell’intervallo di energia del fotone compreso tra 1 e 10 MeV. In questo intervallo di energia i comuni scintillatori non lavorano più efficientemente e non possono essere utilizzati per costruire un telescopio gamma. Anche il processo di produzione di coppie elettrone/positrone è poco efficiente e non può essere utilizzato per la costruzione di un telescopio che lavori in questa banda di energia. Il processo dominante a queste energie è la diffusione Compton grazie alla quale il fotone gamma viene diffuso dall’interazione con un elettrone trasferendo ad esso una parte della sua energia. L’energia persa da un fotone gamma avente energia iniziale E, diffuso sotto un angolo j è:

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La struttura del telescopio Comteldove me è la massa a riposo dell’elettrone mentre c è la velocità della luce nel vuoto. Un telescopio Compton consiste di due rivelatori posti su due piani differenti (D1 e D2) posti ad una certa distanza. Il rivelatore D1, chiamato piano diffusore, è costruito in maniera da favorire la diffusione del fotone. Tutto ciò è possibile perché la sezione d’urto del processo Compton in un cristallo cresce proporzionalmente al numero atomico Z mentre la probabilità di assorbimento mediante produzione di coppia di particelle cresce proporzionalmente con Zn, dove n è maggiore di 2. L’effetto Compton è quindi favorito in quei cristalli con atomi a basso Z, per tale ragione il piano diffusore viene costruito con scintillatori organici. Il secondo rivelatore è chiamato piano di assorbimento perché a lui è affidato il compito di assorbire i fotoni diffusi, a tale scopo vengono utilizzati cristalli costituiti da atomi ad elevato Z come CsI o NaI. Nel caso ideale la misura dell’energia persa durante la diffusione E1 e l’energia assorbita dal secondo rivelatore E2 ci consente di calcolare l’angolo j di diffusione:

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La conoscenza dell’angolo j permette di ricostruire la direzione di provenienza del fotone, che è invece definita dagli angoli (c,y) . La traiettoria originale del fotone giace sulla superficie laterale del cono che ha come vertice è il punto di interazione del fotone sul piano diffusore e apertura pari all’angolo di diffusione. La proiezione sulla sfera celeste di questo cono è una circonferenza, questa circonferenza è detta circonferenza degli eventi. Questo impedisce la determinazione precisa della direzione di arrivo di ciascun evento. La localizzazione di una sorgente gamma rivelata da un telescopio Compton viene ottenuta dall’intersezione delle circonferenze degli eventi associate a ciascun fotone gamma rivelato. Le misure reali contengono sempre un certo errore nella determinazione dell’angolo di diffusione, quindi ciò che prima abbiamo chiamato circonferenza degli eventi è in realtà una corona circolare, il cui spessore è fornito dall’errore sull’angolo di diffusione:

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Una particolare proprietà dei telescopi Compton è quella di disporre di un ampio campo di vista, questa proprietà li rende particolarmente adatti per svolgere una copertura completa della volta celeste. Purtroppo a tale proprietà si affianca una pessima risoluzione angolare, infatti i primi telescopi, installati su palloni sonda, non disponevano di una risoluzione migliore di 30°; soltanto nell’ultimo decennio si è riusciti ad avere una risoluzione angolare migliore di 10°. Il telescopio COMPTEL è stato il primo telescopio Compton a volare su un satellite, esso era un’evoluzione dei precedenti telescopi installati su palloni stratosferici ed era costituito da due rivelatori distanziati di 1,5 metri. Ciascun rivelatore aveva una forma circolare ed era circondato da fotomoltiplicatori, questi fotomoltiplicatori, presenti in entrambi i piani rivelatori, consentivano di ridurre l’errore sull’angolo di diffusione a soli 0,76° restringendo così la corona degli eventi. Nel 1972 Herzo sviluppò un sistema basato sul calcolo di Monte Carlo che consentiva di calcolare un fattore correttivo , specifico del materiale utilizzato, che moltiplicato per l’energia E2 fornisce un termine utile per il calcolo dell’angolo di diffusione totale e dell’energia originale del fotone.

 

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