Astronomia gamma

La triangolazione e la rete interplanetaria

triangolazione interplanetaria

Poiché i bursts gamma sono fenomeni assolutamente non prevedibili e di natura sconosciuta, i rivelatori che più comunemente sono stati usati per il loro studio sono del tipo omnidirezionale: possono cioè rivelare i bursts da qualsiasi parte del cielo vengano senza però essere in grado di fornire nessuna informazione sulla direzione di arrivo. Per aggirare questo problema è stata sviluppata la tecnica della 'triangolazione' basata sulla possibilità di avere dati raccolti simultaneamente da satelliti diversi sullo stesso burst. Supponiamo di disporre di due satelliti S1 ed S2 attivi simultaneamente in posizioni diverse ( ma ben note) nello spazio interplanetario. Il burst S è schematizzabile come un fronte d'onda piano che viene rivelato dai due satelliti in tempi che differiscono di un t che è lo strumento prezioso che ci consente di calcolare l'angolo (visto che cos = AB/AC) che definisce il cono delle possibili direzioni d'arrivo. Il burst gamma può essere arrivato da qualsiasi punto della curva c. Se i satelliti disponibili fossero tre, si potrebbe ripetere la stessa analisi tra S3 ed S1 ( o S2, converrà scegliere i satelliti tra di loro più distanti) ed ottenere una curca c' che intersecherà la curva c in due punti che rappreseneranno le direzioni d'arrivo possibili.

La possibilità di usare un quarto satellite toglierebbe ogni ambiguità, ovviamente all'interno degli errori di determinazione degli angoli 1 e 2. Le curve c e c' hanno per "spessore" l'errore nella determinazione degli angoli. Per questo è opportuno utilizzare satelliti quanto più possibile distanti tra loro capaci di registrare il tempo di arrivo del burst con quanta più precisione possibile. La figura mostra la precisione ottenibile per in funzione della precisione della misura dei tempi di arrivo dell'evento e della distanza relativa dei satelliti utilizzati.

E' chiaro che per ottenere prestazioni elevate si può agire sull'uno o sull'altro parametro. A parità di prestazioni degli strumenti quello che paga è la maggiore distanza possibile tra i satelliti che hanno a bordo i rivelatori. Questo spiega perché le sonde interplanetarie siano state di così grande importanza per lo studio dei burst gamma. Il momento magico si è avuto negli anni 78-80 quando, grazie all'entusiasmo suscitato dalla recente scoperta, diverse sonde interplanetarie vennero equipaggiate con rivelatori di bursts gamma. Si trattava di Helios2, in orbita intorno al sole, del Pioneer Venus Orbiter, in orbita intorno a Venere, e delle sonde sovietiche Venera 11 e 12 al di la di Venere. Rivelatori in orbita intorno alla terra non sono di grande utilità per migliorare la posizione: aiutano invece a scongiurare la presenza di errori sistematici. Per questo la "rete" interplanetaria comprendeva anche otto satelliti in orbite basse: il sovietico Prognoz e gli americani Solar Maximum Mission, Einstein Observatory, Vela 5a,5b, 6a e 6b e l'International Sun Earth Explorer 3, in orbita al punto Lagrangiano. Grazie a questa "rete" si sono ottenute le migliori triangolazioni di burst gamma: si tratta di una settantina di eventi che, in virtù della rivelazione simultanea di più rivelatori, sono stati posizionati con precisione tanto migliore quanti più satelliti si son potuti usare. Ovviamente la probabilità che un evento venga rivelato dipende dalla sua fluenza: eventi più intensi avranno probabilità maggiore di essere rivelati da diversi strumenti (che funzionano con logiche leggermente diverse) e potranno essere posizionati con maggiore accuratezza. Campione induscusso è l'evento del 5 marzo 79 noto come GRB 790305b (era il secondo della giornata) brillantissimo visto da 9 satelliti. La sua localizzazione ha potuto essere fatta sfruttando tre a tre i 9 satelliti disponibili: grazie a questa notevole ridondanza (oltre che ad un tempo di salita di appena 0.25 msec) GRB790305b ha una scatola d'errore piccolissima 6"x30",che coincide con un resto di supernova N49 nella grande nube di Magellano. Paragonare dati di 9 strumenti ha richiesto molto lavoro e la possibile sorgente di questo lampo è stata annunciata 3 anni dopo il burst.

Altri 9 eventi sono stati localizzati all'interno di una decina di minuti d'arco quadrati. Per il resto si ha a che fare con archi di circonferenza, più o meno spessi, che hanno superfici di centinaia di minuti d'arco quadrati. BATSE è stato il primo strumento capace di localizzare da solo i lampi gamma con precisione di qualche grado. Per i lampi più intensi gli sono stati d'ausilio gli strumenti EGRET e COMPTEL, sempre a bordo del Gamma Ray Observatory, che, basandosi anche su una manciata di fotoni, potevano localizzare l'evento a meglio di 1°. Insieme a BATSE era in servizio un rivelatore di lampi gamma su Ulysses, una sonda interplanetaria dedicata allo studio del Sole , mentre il veterano PVO (Pioneer Venus Orbiter) ha cessato l'attività nel settembre 92, dopo ben 14 anni di servizio. La triangolazione dei dati di BATSE e Ulysses uniti alle immagini ottenute da EGRET o Comptel permettono di ottenere localizzazioni accettabili dei lampi gamma in tempi molto brevi: da alcune ore a un giorno. Un requisito vitale per una rapida ricerca di controparti, come è apparso chiaro dalla scoperta degli afterglow realizzata da BeppoSAX nel 1997. L'utilizzo della rete interplanetaria (formata dalla longeva Ulysses, da Integral -che utilizza a questo scopo le anticoincidenze di SPI- da Mars Odyssey -in orbita intorno a Marte- da Rhessi -dedicato allo studio del sole in raggi gamma di bassa energia- e Wind - dedicato allo studio del vento solare) continua tutt'oggi a dare risultati interessanti. Tuttavia, l'inevitabile ritardo nel calcolo della posizione, legato alla raccolta dei dati delle sonde interplanetarie, lo rende meno adatto alla ricerca di controparti X e gamma rispetto alla rapidità di sistema come IBAS, che, per i lampi gamma che cadono nel campo di vista degli strumenti, possono fornire posizioni accurate in poche decine di secondi.

 

 

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