Astronomia gamma

Progenitori: il modello a palla di fuoco e coalescenza di stelle di neutroni

modello della palla di fuco

La prima conseguenza di queste scoperte è l'enorme potenza dei lampi gamma che risulta essere 1047 watt. Inoltre le osservazioni mostravano variazioni dell'ordine di qualche millesimo di secondo implicando che le regioni di emissione devono essere piccolissime, dell'ordine di qualche centinaia di chilometri. La densità dei fotoni gamma poi è elevatissima, interagendo con la materia questi fotoni dovrebbero produrre una quantità di coppie di elettroni e positroni impressionante, quindi non potremo assolutamente aspettarci una così elevata luminosità gamma da un oggetto stabile. Ciò fa supporre che l'evento progenitore dei lampi gamma deve essere un evento distruttivo. Sono stati proposti diversi modelli che appaiono in grado di spiegare l'emissione gamma e il successivo afterglow ottico. In realtà, prima di procedere ad una descrizione dei modelli è necessario suddividere i lampi gamma in lampi brevi e lampi lunghi.

I primi durano pochi centesimi di secondi e, a causa della loro breve durata, pongono dei grossi problemi tecnici agli strumenti utilizzati fino ad oggi e non è ancora stato possibile studiarli in dettaglio. I secondi, che sono stati studiati con Beppo-Sax, possono durare fino ad una trentina di secondi mentre l'afterglow ottico ed X sono stati visti alcune ore o giorni dopo il lampo con un andamento di progressiva decrescita della luminosità.

Un lampo gamma osservato da Sax

 

Per spiegare i lampi lunghi è stato proposto il modello a palla di fuoco dove una stella, con massa di oltre 50 volte la massa solare, esplode creando una palla di fuoco in rapida espansione che, interagendo col mezzo circostante, emette raggi gamma. Altri teorici propongono invece un modello basato su un sistema binario formato da due stelle di neutroni che percorrendo la loro orbita perdono energia a causa dell'emissione di onde gravitazionali e che, nel momento della fusione o "coalescenza" emettono una palla di fuoco e gas incandescenti in rapida espansione. I due modelli sono stati messi alla prova con le osservazioni degli afterglow ottici osservati grazie alle identificazioni degli afterglow X effettuate col satellite Beppo-Sax. Il fattore discriminante tra i due modelli potrebbe essere la distanza tra la posizione del lampo e la galassia.

Poiché le esplosioni di supernovae non sono mai simmetriche, le pulsar possono assumere delle velocità tali da portarle lontano dalle regioni di formazione stellare. Al contrario le supernovae sono prodotte da stelle molto massicce che hanno una vita breve e quindi non hanno il tempo a sufficienza per uscire dalle regioni di formazione stellare. Se il modello delle pulsar binarie fosse vero, dovremmo trovare dei lampi gamma relativamente lontano dalle galassie mentre le supernovae dovrebbero essere all'interno delle galassie. Alcuni lampi gamma osservati da Sax vennero anche osservati nell'ottico dal telescopio spaziale Hubble, che li trovò all'interno di galassie a spirale, nel disco galattico dove sono presenti i fenomeni di formazione stellare.

Questa è una prova a favore della teoria che le supernovae siano i progenitori dei lampi gamma lunghi. Forse il tassello mancante del puzzle è stato riempito col lampo gamma GRB980428 apparso in una galassia in concomitanza con una supernova, particolarmente interessante era anche la bassa luminosità di questo lampo gamma. Per cercare di limitare l'energia dei lampi gamma si studiano modelli basati su propagazione non isotropa ma su direzioni preferenziali. Il 23 gennaio 1999 un altro lampo molto luminoso accresceva i dubbi sulla propagazione dell'emissione. Stella di Wolf-Rayet Il lampo era stato osservato anche nell'ottico ed era di ottava magnitudine in una galassia distante 8 miliardi di anni luce. L'eventuale esplosione avrebbe liberato un'energia di 1047 watt, un valore talmente elevato che nemmeno una stella di 100 masse solare sarebbe stata in grado di produrre. I dubbi sull'emissione isotropa prendevano corpo anche in base all'assunzione che molte supernovae vicine non presentavano lampi gamma simultanei nè altri lampi gamma parevano essere collegati con le supernovae osservate. Attualmente la teoria più accreditata prevede che i lampi gamma siano collimati lungo due getti orientati lungo le direzioni polari della stella; secondo questo modello non tutte le stelle che terminano la loro esistenza come supernovae producono lampi gamma, soltanto le più massicce, come le stelle di Wolf-Rayet, possono produrre eventi così distruttivi da sviluppare fasci ben collimati di raggi gamma.

collasso del nucleoQuando termina il combustibile nucleare inizia il collasso del nucleo che porterà alla formazione di un buco nero, questo collasso non è simmetrico ma è accentuato lungo l'asse di rotazione della stella a causa dell'assenza dell'accelerazione centrifuga in quelle regioni. Il collasso produce un un'onda d'urto di rimbalzo che si propaga nella stella che sta implodendo. Lungo l'asse di rotazione il fronte d'onda anticipa quello delle restanti regioni. Quest'onda di materia si propaga all'interno della stella alla velocità di alcune decine di migliaia di km/s. formazione del buco neroQuando i due getti raggiungono gli strati superficiali l'interazione con la materia produce l'emissione di fotoni gamma. I fotoni gamma vengono quindi emessi lungo due fasci ben collimati, quindi ciò che osserviamo dipende dall'orientazione dell'asse di rotazione della supernova. Se la supernova è orientata con l'asse in direzione della Terra osserveremo un lampo gamma, invece se orientata con l'asse a 90° osserveremo soltanto l'evento di supernova; è anche possibile osservare i due eventi di striscio in modo che sia possibile vedere sia la supernova che il lampo gamma. Il modello a coalescenza di stelle di neutroni non è adattabile alle osservazioni dei lampi gamma lenti, infatti questo modello prevede un lampo molto più breve, al massimo della durata di 2 o 3 secondi, e l'assenza dell'afterglow.

lampo gamma

 

 

 

Per saperne di pił (per gentile concessione della rivista "Le Scienze" - file PDF)

 

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