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L’evoluzione delle galassie nell’Universo

Un cielo molto, molto nero!

 

Alain Mazure

Laboratoire d’Astrophysique, CNRS – Université de Provence, Marseille, France

(articolo realizzato per il sito Futura-Sciences www.futura-sciences.com,

tradotto ed adattato da Dario Maccagni)



 

 

C’è uno spettacolo più magnifico di quello del cielo in una notte d’estate? Con un po’ di fortuna possiamo cercarvi le tracce fugaci delle “stelle filanti” o contemplare senza stancarsi lo splendore dei miliardi di stelle della nostra Via Lattea.

 

Ci sono immagini più belle di quelle dei pianeti del nostro sistema solare che ci hanno inviato le sonde spaziali?

 

Eppure, queste immagini sono in parte ingannevoli! Il Cosmo che ci rivelano non è che una piccolissima parte dell’Universo reale.

 

 

Figura 1. Con la scoperta nel decennio scorso di numerosi pianeti extra-solari, il nostro sistema solare è passato dal rango di “star” a quello di quasi anonimato.  Situato alla periferia della galassia che lo ospita (la Via Lattea), il sole non è che una stella qualunque tra le centinaia di miliardi di altre stelle che formano quella traccia bianca così ben visibile nelle notti d’estate. La stessa nostra Galassia non è che un banale individuo tra i miliardi di altre galassie che osserviamo nell’Universo. Ma la cosa più sorprendente è che queste immagini non rivelano che la faccia visibile di un universo reale dominato dalla materia oscura e dall’energia oscura, ipotesi che rendono Copernico sempre più contemporaneo.

Calvin J Hamilton

 

E’ questa realtà che qui cercheremo di capire tenendo presente in primo luogo il ruolo fondamentale dell’Astronomia e della Cosmologia nell’evoluzione delle idee scientifiche e filosofiche.

 

L’aspetto ingannevole delle belle immagini del Cosmo non è dovuto alla limitazione dei nostri sensi. Se i nostri occhi sono sensibili solamente ad una piccolissima parte (“la regione del visibile”) dello spettro elettromagnetico, la tecnologia attuale permette di esplorare tutto lo spettro, dalla regione del radio a quella dei raggi gamma.

 

Nonostante questi mezzi straordinari, l’essenziale della massa, causa della rotazione delle stelle nelle galassie a spirale o dei miraggi gravitazionali all’interno degli ammassi di galassie, rimane non rivelabile. Questa “massa nascosta” si manifesta solamente con la sua azione gravitazionale.

 

Questa stessa “materia oscura”, da 5 a 10 volte più abbondante della materia visibile, gioca nello stesso tempo un ruolo fondamentale nel meccanismo di formazione delle grandi strutture dell’Universo, delle galassie, degli ammassi di cui le parti visibili vengono offerte ai nostri sguardi.

 

Il modello del “Big Bang” è diventato lo “standard” della cosmologia e spiega con successo (oltre a numerosi altri fenomeni) l’espansione dell’Universo, espansione svelata dalla “fuga delle galassie”.

 

Forti di questo successo, i cosmologi ebbero però una sorpresa notevole con la scoperta negli anni 95 dell’accelerazione dell’espansione cosmica, mentre, nel “modello standard” dominato dalla materia oscura, l’espansione non potrebbe che rallentare.

 

Figura 2.

 

Per interpretare questo nuovo fenomeno è sembrato inevitabile ai fisici ed ai cosmologi invocare una “energia oscura”, possibile residuo fossile delle fasi quantistiche dell’Universo primordiale.

 

La ricerca di questa materia oscura e di questa energia oscura che rappresenterebbero circa il 95% della materia e dell’energia totale dell’Universo è sicuramente uno degli assi di ricerca più attuali e nello stesso tempo più appassionanti della cosmologia e della fisica fondamentale.

 

Posta davanti a nuovi quesiti, la scienza sperimenta cambiamenti profondi che possono portare a sconvolgimenti delle teorie o dei modelli adottati, come fu il caso, per esempio, con la relatività e la fisica quantistica.

 

Figura 3. Copernico

 

Queste rotture intellettuali con i modi di pensare precedenti quasi sempre aprono la strada a progressi insospettati nella disciplina in considerazione. Inoltre, spesso generano nuovi concetti anche nelle scienze umane e nella filosofia. Questi cambiamenti sono avvenuti ed avvengono su scale di tempo estremamente variabili: millenni e secoli nel passato, pochi decenni oggigiorno.

 

La cosmologia, che ha per oggetto lo studio dell’Universo considerato come un tutto, è passata in un secolo dallo stato “metafisico” a quello di scienza di tutto rispetto liberandosi dei miti e delle leggende.

 

Le rivoluzioni provocate dal progresso dell’astronomia e della cosmologia sono state essenziali non solamente in termini puramente scientifici ma anche per il loro contributo alla definizione della collocazione dell’Uomo nel Cosmo. Può darsi che altre rivoluzioni fondamentali siano in corso e questo è ciò che cercheremo di illustrare nel seguito.

 

La prima rivoluzione copernicana fu il rifiuto del geocentrismo (la Terra non è al centro dell’Universo), rivoluzione che è continuata poco a poco con l’accettazione della “banalità” del nostro pianeta, della nostra stella (il Sole), della nostra galassia (la Via Lattea), entità anonime tra miliardi di altre nel Cosmo.

 

Figura 4. Slipher

 

Poi è stato necessario prendere coscienza, con i lavori di Slipher, Humason e Hubble, che viviamo in un Universo in espansione, vecchio di 14 miliardi di anni.

 

 

Figura 5. Humason - Hubble

 

In seguito, una tappa ulteriore fu realizzare che la materia che costituisce il nostro ambiente quotidiano non è che una piccolissima parte della materia nell’Universo.

Ed infine, questa materia detta oscura non sarebbe in effetti che una frazione minoritaria del contenuto “Energia-Materia”(1) che governa l’espansione del Cosmo nella sua completezza.

 

Questa espansione, secondo lavori recenti, accelererebbe sotto l’azione di una energia di natura sconosciuta battezzata Energia Oscura.

 

Le conseguenze di questa scoperta potrebbero rivoluzionare non solamente la fisica fondamentale, ma, una volta di più, la visione del “nostro posto” nell’Universo.

 

(1) Dopo Einstein e la sua celebre relazione E = mc2, sappiamo che materia ed energia sono equivalenti.

Quando ci si mette Zwicky

Una delle scoperte più importanti dell’astrofisica contemporanea, per le sue conseguenze fondamentali sulla cosmologia e la fisica delle particelle, fu l’aver messo in evidenza che un tipo di materia, diversa dalla “materia ordinaria” che conosciamo bene, esisterebbe e giocherebbe un ruolo essenziale nel Cosmo. Si tratta della “materia oscura”. E’ stata battezzata così perché non emette alcuna radiazione elettromagnetica ed è rivelabile solo a causa dei suoi effetti gravitazionali.

 

L’idea di materia oscura (allora si parlava di massa mancante o massa nascosta) fece irruzione con i lavori dell’astronomo svizzero Zwicky negli anni 1930. Zwicky, studiando la dinamica delle galassie appartenenti all’ammasso di galassie Coma situato nella costellazione della Chioma di Berenice, volle capire perché le velocità delle galassie di quell’ammasso avessero dei valori molto alti (ritorneremo in seguito su questo argomento).

 

Questa questione della materia oscura come costituente dell’Universo ha assunto un’importanza considerevole nel corso degli ultimi decenni. Ora possiamo citare tre grandi problemi di astrofisica, non ancora risolti in maniera soddisfacente, per i quali l’esistenza di questa materia oscura sarebbe una risposta coerente comune.

 

Il primo problema riguarda le galassie a spirale e la loro rotazione; il secondo le velocità delle galassie e la presenza di archi gravitazionali negli ammassi di galassie. Infine, il terzo rinvia al favoloso destino delle galassie, alla loro origine ed alla loro evoluzione.

 

Figura 6. Il centro dell’ammasso di galassie Coma si situa nella costellazione della Chioma di Berenice a una distanza di 100 Mpc (immagine CHFT). E’ determinando la massa di questo ammasso con le misure di velocità di alcune galassie che Zwicky prese coscienza del problema della “massa mancante”.

 

Galassie che spiraleggiano

Esaminiamo dapprima il caso delle galassie a spirale delle quali utilizzeremo una proprietà importante: il fatto che sono dotate di un movimento di rotazione su se stesse. Questa proprietà è nota a causa di un effetto fisico col quale ci si incontra normalmente nella vita di tutti i giorni: l’effetto Doppler.

 

Figura 7. Due galassie a spirale osservate nella regione del visibile. Una di faccia, l’altra di taglio. Si osserva un nucleo centrale con una forte densità di stelle circondato da un disco sottile formato da braccia a spirale (immagini CHFT).

 

Figura 8. Quando la galassia a spirale gira su stessa, le radiazioni emesse dalla parte che si dirige verso l’osservatore situato in basso nella figura sono spostate verso il blu. Le medesime radiazioni sono spostate verso il rosso per la parte che si allontana.

 

In prima approssimazione, una galassia a spirale sembra essere simile a un sistema solare, con le stelle del disco che girano attorno al nucleo centrale della spirale come i pianeti girano attorno al Sole.

 

 

Figura 9. I pianeti ruotano attorno al Sole che costituisce la maggior parte della massa del sistema solare.

 

 

Figura 10. Keplero

 

Se questa analogia è valida, allora secondo l’astronomo J. Keplero che si basava sulla legge di gravitazione di Newton,

 

Figura 11. Newton

 

dovremmo aspettarci una diminuzione della velocità con l’aumentare della distanza dal centro (1) come si osserva nel sistema solare per le velocità dei pianeti.

 

 

Figura 12. La velocità dei diversi pianeti del sistema solare in funzione della loro distanza dal Sole. Questa velocità diminuisce con la distanza, si tratta della “diminuzione kepleriana”.

 

Ma quello che si osserva in realtà, è una curva piatta (vedi Figura 13).

 

 

Figura 13. I punti (con le barre d’errore delle misure) rappresentano la velocità misurata in funzione della distanza dal centro della galassia e danno la curva di rotazione osservata. La curva punteggiata è la curva di rotazione prevista dovuta al contributo in massa delle stelle della galassia. La curva tratteggiata dà il contributo di un alone sferico di materia oscura. La curva continua tiene conto dell’insieme dei contributi ed è in buon accordo con le osservazioni.

 

Questa contraddizione resta uno degli enigmi più irritanti dell’astrofisica moderna. Tra le spiegazioni più plausibili (per esempio che le leggi della gravitazione possano essere diverse su queste scale (2)), l’ipotesi adottata assume che la parte visibile delle galassie ne sia solo una parte molto piccola immersa in un grande alone di materia oscura, materia oscura la cui origine e natura sono ancora in parte incomprese e sulla quale ritorneremo in seguito.

 

 

Figura 14. Lo studio della rotazione delle galassie a spirale mostra che la parte visibile di questi oggetti non è che la punta dell’iceberg che sarebbe l’alone di materia oscura.

  

Questo risultato è di già in sé “rivoluzionario”, ma ciò che potrebbe esserlo ancora di più è che la massa di questo alone oscuro sarebbe da circa 5 a 10 volte maggiore della parte visibile degli iceberg che a questo punto sono le galassie (Figura 14).

 

(1)     E’ la legge detta della diminuzione kepleriana

(2)     La gravitazione è oggetto di verifiche sperimentali permanenti. La legge di Newton attualmente è ben verificata su scale che vanno da 0,1 mm a 1016 m

 

 

Gli ammassi ed i loro effetti

Un’alternativa possibile all’ipotesi della materia oscura sarebbe di supporre che in effetti la dinamica delle galassie a spirale è capita male e che dunque la loro curva di rotazione è mal interpretata. Ma la soluzione del problema non sembra trovarsi in questa direzione.

 

Come abbiamo detto più sopra, dal 1930 l’astronomo Zwicky non riusciva a render conto delle velocità misurate nell’ammasso di galassie Coma. Queste velocità sono la conseguenza del campo gravitazionale interno all’ammasso, campo globale creato dalle masse delle centinaia di galassie che vi si trovano.

 

Queste velocità sono dunque il riflesso della massa totale del sistema e questa massa è a priori uguale alla somma di tutte le singole galassie, alla quale bisogna aggiungere la masse delle galassie come la massa di tutte le loro stelle (massa che possiamo, in prima approssimazione, prendere uguale a quella di una stella tipica come il Sole).

 

Ma il conto non torna! Il confronto dei calcoli con le misure rivela della massa mancante. La massa totale calcolata come la somma delle masse delle stelle, delle galassie, e del gas è insufficiente a spiegare le velocità osservate. Ed ancora una volta, per compensare il deficit di massa, bisogna invocare una quantità importante di massa nascosta o di materia oscura.

 

Una notevole conferma di questo deficit di massa si è avuta nel corso degli anni 1980 con la scoperta di archi giganteschi osservati nel cuore di ammassi di galassie. Qual è l’origine di questi archi? Come vedremo più avanti, la relatività sostituisce alla forza gravitazionale prodotta da una massa una perturbazione locale dello spazio. Le traiettorie delle particelle che passano vicino alla massa in questione sono deviate. In relatività generale, questo effetto si applica a tutte le particelle, compresi i fotoni che sono delle particelle associate alla radiazione elettromagnetica.

 

 

Figura 15. I raggi luminosi emessi da una sorgente lontana vengono deviati a causa della presenza della massa del deflettore (o lente). La figura mostra due di questi raggi che, invece di procedere in linea retta, svengono curvati. Possono così raggiungere un osservatore dandogli l’impressione che questi raggi siano emessi da due sorgenti diverse. Se la sorgente e la lente sono perfettamente allineate, l’insieme dei raggi deviati forma, per simmetria, un anello detto “anello di Einstein”.

 

Di conseguenza, i raggi luminosi emessi da un astro lontano (stella, galassia…) verso un osservatore saranno deviati dalla materia situata sul tragitto di questi raggi luminosi. Queste galassie o stelle perturbatrici giocano in questo caso il ruolo di deflettore o lente (Figura 16). Succederà che dei raggi luminosi che non avrebbero dovuto raggiungere l’occhio dell’osservatore siano “curvati” in modo tale che vi arrivino comunque, creando un effetto di miraggio. Per “ragioni di simmetria” si prevede, in caso di allineamento perfetto sorgente-lente-osservatore, la formazione di immagini circolari causate da queste “lenti gravitazionali”(1).

 

Questo effetto di miraggio non è solo una congettura puramente teorica e l’immagine dell’ammasso A2218 è certamente una delle immagini più belle ottenute dallo Hubble Space Telescope. In questa fotografia, ogni piccola struttura lineare o circolare è “l’immagine”(2) di galassie molto lontane dall’ammasso, deformate ed amplificate dalla massa della materia dell’ammasso.

 

 

 

Figura 16. Immagine HST dell’ammasso di galassie A2218. Ogni piccola struttura lineare o circolare è l’immagine di galassie molto lontane dall’ammasso, deformate ed amplificate dalla massa della materia dell’ammasso (Space Telescope).

 

Ma il fatto stupefacente, oltre alla loro bellezza, è che per spiegare e render conto di questi “effetti di miraggi cosmici” bisogna supporre nell’ammasso la presenza di una quantità dominante di materia oscura, come per rendere conto delle velocità delle galassie!

 

(1)       Oltre alla deformazione delle immagini, l’effetto di lente gravitazionale produce un’amplificazione della luminosità dell’astro lontano. Gli ammassi di galassie possono quindi essere utilizzati come telescopi gravitazionali permettendo di osservare galassie molto lontane, difficilmente rivelabili in altro modo.

(2)       Nel senso dell’ottica ordinaria

 

L’origine favolosa delle galassie

Così, due delle ragioni per le quali la nozione di materia oscura sembrerebbe necessaria sono quelle del deficit nel calcolo della massa ottenuta partendo dal contenuto visibile delle galassie o degli ammassi, rispetto alla massa totale di queste stesse galassie o ammassi, massa dedotta dalla loro dinamica o dagli effetti di “miraggio”.

 

Il terzo motivo riguarda il “favoloso destino delle galassie” ed in particolare la loro origine. Da dove vengono le galassie e gli ammassi che popolano il Cosmo? Dove e quando nascono? Quali sono i processi all’opera nella loro costruzione? Queste domande sono tuttora problemi aperti sui quali lavorano gli astrofisici. Disponiamo comunque di “scenari” che a grandi linee spiegano l’origine delle galassie e la loro ulteriore evoluzione.

 

Anche se lo schema dettagliato non è ancora completo, un risultato sembra ormai ineluttabile. Sembra in effetti impossibile, allo stato attuale delle nostre conoscenze, capire come le galassie, le stelle, poi i pianeti e la vita (la materia che vediamo) siano comparsi senza supporre l’esistenza di materia oscura la cui origine risalirebbe all’Universo primordiale!

 

Uno studio approfondito mostra che la materia oscura, in proporzione molto maggiore della materia ordinaria (detta anche barionica), è in grado, sotto l’effetto della propria gravitazione, di creare degli aggregati di materia abbastanza massicci (contrariamente alla materia ordinaria che è in quantità insufficiente) per contrastare efficacemente, in un dato momento, l’espansione dell’Universo, espansione che tende inesorabilmente a diluire la materia.

 

Questi primi aggregati (o aloni oscuri) avrebbero il tempo di vedere aumentare la loro massa sufficientemente per coalescenza con i loro vicini, prima che l’espansione non li allontani inevitabilmente l’uno dall’altro.

 

In questo modo si formerebbero i primi astri che diventeranno luminosi quando la materia ordinaria si sarà condensata.

 

 

Una fuga generale!

Il “modello cosmologico standard”, più conosciuto come Big Bang, prende forma sul piano osservativo negli anni 1920-1930 con i lavori degli astronomi Slipher, Humason, Hubble. Il primo misurò la velocità di alcuni galassie vicine, mentre gli altri due ottennero una misura della distanza di quelle galassie. Eccetto alcune galassie molto vicine come Andromeda, le velocità misurate erano tutte positive, che voleva dire che quelle galassie s’allontanavano dalla Via Lattea. Confrontando queste velocità di allontanamento (o di recessione) con le distanze delle galassie, Hubble passò alla posterità stabilendo che la velocità di recessione v è tanto più grande tanto più la galassia in questione è lontana. E’ la famosa legge di Hubble:

 

v = H0d

 

dove H0  è la “costante di Hubble”(1) e d la distanza, che esprimono la fuga della galassie.

 

(1) Questa “costante” varia lungo il tempo cosmico. E’ per questo che, come per altri parametri che dipendono dal tempo, vi si appone il suffisso “0” che indica il tempo presente.

 

 

Dalla fuga all’espansione

Un’interpretazione semplice ed immediata potrebbe essere quella di considerare che la Via Lattea sia al centro di un fenomeno che coinvolge tutte le altre galassie. Ma sarebbe una visione “antropocentrica” che darebbe all’Uomo una posizione particolare nell’Universo.

 

Abbandonando questa idea, il Principio Cosmologico (e copernicano) decretando che l’Universo è omogeneo ed isotropo, dunque che non esiste alcun “luogo privilegiato”, porta naturalmente a pensare che questo fenomeno si verifichi per tutte le galassie. Detto altrimenti, vista da un’altra galassia, la Via Lattea si allontana da tutte le altre e questo punto di vista resta valido posizionandosi da una nebulosa all’altra. Nessuna è dunque il “centro” di questa fuga generalizzata.

 

Per interpretare questo fenomeno, bisogna immaginare che non sono le galassie che sono in movimento, ma è l’Universo che si espande.

 

Della relatività “in generale”

Esiste un quadro teorico che permette di capire questo fenomeno, ed è quello della teoria della Relatività Generale elaborata da Einstein. Questa teoria fu rivoluzionaria sotto due aspetti.

 

La prima rivoluzione fu di considerare che tempo e spazio non sono più entità separate. Non si parla più di distanza fra due oggetti, ma di distanza fra due eventi: il tempo diventa allora la quarta coordinata(1): è il concetto di spazio-tempo. Ma parlare di distanza vuol dire entrare nel dominio della geometria, quindi lo spazio-tempo sarà definito dalla sua geometria.

 

La seconda rivoluzione fu di affermare che la geometria dello spazio-tempo è completamente caratterizzata dal suo contenuto in Energia-Materia(2).

Non c’è più, in relatività generale, la forza di gravitazione che determina le traiettorie delle particelle o dei pianeti. Le traiettorie sono definite dalla curvatura dello spazio, curvatura imposta dalla Materia-Energia presente qua e là.

 

La Terra non gira attorno al Sole a causa dell’attrazione gravitazionale che subisce, ma perché la massa del Sole ha modificato la geometria dello spazio, impedendo al nostro pianeta di seguire la sua traiettoria in linea di principio rettilinea se nulla la perturbasse. Ciò nonostante, in seguito manterremo il termine “gravitazione” per facilitare la comprensione delle idee esposte.

 

(1)     Tre per lo spazio (per esempio: x, y, z) e t per il tempo.

(2)     Con Einstein, energia e massa sono equivalenti per la celebre relazione E = mc2

 

Una materia molto attraente

Il modello cosmologico che dà una formulazione teorica al fenomeno dell’espansione è il modello del Big Bang. Nel modello del Big Bang standard, il “Contenuto Energia-Materia” è fatto di materia o di radiazione. Le previsioni teoriche di questo “modello standard” e l’osservazione del Cosmo (le galassie, gli ammassi, i superammassi) portano all’idea che l’Universo attuale sia definitivamente entrato nell’”era della materia” e che la sua espansione sia regolata da questa, sia essa “ordinaria” o “oscura”.

 

Nello schema della relatività generale, a questo contenuto di materia corrisponde un termine sempre equivalente ad una gravitazione attrattiva. Si prevede quindi che, qualunque sia la causa iniziale dell’espansione, questa debba rallentare nel corso del tempo se la materia domina il contenuto energetico(1) del Cosmo.

 

(1) La situazione fisica è effettivamente simile a quella di un proiettile che viene lanciato e che finisce per ricadere a causa del peso.

 

Candele standard nel cielo

Negli anni 1995, due gruppi di scienziati annunciarono che, secondo le loro misure, l’espansione dell’Universo, invece di rallentare come ci si aspettava, è in accelerazione. Innanzitutto, da dove veniva questa certezza? Essa è stata ottenuta analizzando la variazione, in funzione della distanza, della brillanza di stelle considerate come candele standard, ovvero di stelle che hanno tutte la medesima luminosità assoluta.

 

 

Figura 17. Supernova nella galassia NGC 4526 (NASA)

 

Le supernove sono delle stelle che, in fin di vita, esplodono liberando una notevole energia (equivalente all’energia emessa da una galassia popolata da miliardi di stelle normali). Ciò le rende visibili anche a grandi distanze e permettendo di esplorare il Cosmo distante. L’energia totale liberata sotto forma di radiazione in questa esplosione(1) sembra circa costante da un astro all’altro, qualificandole come “candele standard” astronomiche (Figure 17 e 18).

 

 

Figura 18. Immagini ottenute al telescopio CFH nel quadro del sondaggio SNLS. Una galassia osservata a due epoche diverse. L’immagine in basso a destra mostra la supernova che è esplosa nel frattempo nella galassia. La grande luminosità intrinseca di questi astri (circa 100 miliardi di volte quella del Sole) associata alla sua quasi-costanza ne fanno delle “candele standard” che permettono di sondare l’Universo lontano. La distanza della galassia che ospita la supernova viene misurata con strumenti del VLT all’ESO.

 

Si può allora seguire la variazione con la distanza della loro brillanza apparente, che diminuisce come diminuisce la luce dei fari di un’automobile che si allontana. I modelli cosmologici predicono leggi di variazione di questa brillanza, leggi che sono diverse a seconda che l’Universo sia in espansione o no e che stia rallentando od accelerando (Figura 19).

 

 

Figura 19. In un Universo curvo in espansione, la brillanza degli astri in funzione della loro distanza dall’osservatore varia in modo diverso a seconda che l’espansione acceleri o deceleri. L’osservazione della brillanza di candele standard, come le Supernove, in funzione della loro distanza (o dello spostamento delle righe spettrali) permette di distinguere fra i diversi comportamenti. La figura in alto mostra l’evoluzione della brillanza (asse verticale) in funzione dello spostamento delle righe spettrali (asse orizzontale) per una espansione in decelerazione costante (riga punteggiata) e per una fase di accelerazione (riga continua).

 

Le osservazioni odierne (qui le misure del SNLS con le loro barre d’errore) privilegiano il caso di una accelerazione recente (dovuta ad un’energia oscura repulsiva) succeduta ad una fase di decelerazione (dovuta all’attrazione della materia). La figura in basso mostra gli stessi risultati con un’altra rappresentazione e con le medesime convenzioni (riga punteggiata: decelerazione, riga continua: accelerazione).

 

Il confronto tra le osservazioni e le previsioni decide a favore dell’accelerazione, con grande sorpresa dei cosmologi!

 

(1) Se i dettagli del fenomeno vanno ancora chiariti, ragioni legate alla fisica fondamentale permettono di capire il suo aspetto universale.

 

Attrazione e repulsione

Quale può essere la causa di questa accelerazione inaspettata? Dato che la materia, anche quella oscura, ha un’azione attrattiva che porta ad una decelerazione permanente, bisogna invocare un contenuto “Energia-Materia” la cui azione sia repulsiva? Non è in contraddizione con le leggi della fisica?

 

Abbiamo invocato in precedenza il legame tra “Geometria” e “Contenuto Energia-Materia” prescritto dalla relatività generale. Avviene infatti che questa relazione possa condurre a situazioni fisiche inaspettate.

 

Per valutare la quantità “Energia-Materia” da introdurre nel termine “Contenuto”(1), si usa, nella sua applicazione alla cosmologia, utilizzare la nozione di fluido per rappresentare i componenti che hanno un ruolo fisico a un momento dato della storia cosmica. I gas ed i liquidi sono esempi ben noti di fluidi e la termodinamica ci insegna che è sufficiente conoscere la pressione P e la densità  di questi fluidi per conoscerne il loro stato fisico.

 

Queste due quantità sono legate da una relazione detta Equazione di stato(2) che definisce completamente lo stato del mezzo(3). In questa relazione, la pressione P e la densità  evolvono in modo simile se il fattore di proporzionalità  tra queste due quantità è positivo.

 

E’ così nelle maggior parte delle situazioni che si incontrano nella fisica classica e nella vita quotidiana. Per cui, quando si gonfia un pallone, aumentare la pressione con l’aiuto di una pompa aumenta la densità dell’aria e viceversa.

 

Ma il “buon senso” può essere ingannevole, perché le leggi fondamentali della fisica permettono di avere una situazione, a priori paradossale, nella quale il parametro è negativo.

 

Niente impedisce quindi che certi mezzi fisici esercitino una “pressione negativa”. La conseguenza è che un fluido dotato di un tale comportamento diventerà la sorgente di una “gravitazione” non più attrattiva ma repulsiva!

 

(1)     Il termine “Contenuto” è in effetti un’espressione matematica complicate: un tensore. Contiene le caratteristiche fisiche del mezzo considerato.

(2)     E’ per esempio la legge ben nota detta legge dei gas perfetti che per una mole si scrive: PV = RT o P  T

(3)     La forma più generale di questa relazione è: P = c2

 

 

Quando Planck incontra Einstein

 

Figura 20.Planck ed Einstein

 

Ritorniamo un momento su quella che abbiamo chiamato la “fuga delle galassie”. In modo un po’ ingenuo, possiamo vedere in questa recessione e nel concetto di un Universo in espansione che ne deriva, un film in svolgimento. L’idea di riavvolgere col pensiero questo film viene naturalmente, permettendo di risalire il corso del tempo. “Vedremmo” nel corso di questa sequenza tutte le distanze e tutti i volumi diminuire inesorabilmente.

 

Una conseguenza immediata di questo effetto di “condensazione” è di prevedere densità e temperature sempre più elevate, ovvero infinite, quando il tempo scorre all’incontrario. Questa è l’idea base del modello battezzato “Big Bang standard”. L’idea di un Universo originario estremamente caldo e denso, apparentemente originato da “un’esplosione primordiale” o da una “singolarità iniziale” nell’istante in cui le dimensioni sono ridotte a zero!

 

Ma, abbiamo veramente il diritto di effettuare questa operazione? Se seguiamo M. Planck, il “padre” della fisica quantistica, e A. Einstein, il “padre”  della relatività, no. Il nostro conto alla rovescia avrebbe dovuto arrestarsi a un’epoca detta “tempo di Planck”.

 

Gravitazione quantistica ed Era di Planck

La fisica quantistica regola il mondo atomico e sub-atomico. Essa stipula che l’energia di un sistema e gli scambi d’energia sono “quantizzati”.

 

Il quanto minimo è dato dalla costante di Planck:

 

h = 1.054 10-34 J, che ha come dimensioni E t.

 

La gravitazione si esprime nel caso classico con le leggi di Newton ove compare la costante di Newton:

 

G = 6.673 10-11 m3/kg/s2, che ha come dimensioni t2 L3 M-1.

 

La sua generalizzazione avviene nel quadro della relatività generale ove interviene anche la velocità della luce c definita come costante universale:

 

c = 299 792 458 m/s che ha come dimensioni L t-1.

 

Con queste tre costanti fondamentali è possibile costruire diverse quantità come la massa, la lunghezza o il tempo di Planck.

 

Notando che la costante di Planck h ha le dimensioni di un’energia che moltiplica un tempo, possiamo riscrivere questa costante, definendo la massa di Planck MPlanck, l’energia di Planck MPlanck c2, e la lunghezza di Planck LPlanck (da cui deriva il tempo di Planck tPlanck  LPlanck/c):

 

h MPlanck c2 LPlanck/c

 

Per un sistema gravitazionale totalmente relativistico ci si aspetta che la velocità di fuga (v2  GM/R) associata ad un tale sistema sia uguale alla velocità massima possibile, quella della luce c, ovvero:

 

c2 G MPlanck/ LPlanck

 

da cui si deriva facilmente, partendo dalle due relazioni di cui sopra:

 

LPlanck = (h G/c3) 10-35 m

Se ne deduce allora il tempo di Planck tPlanck e la massa di Planck  MPlanck:

 

tPlanck = (h G/c5) 10-43 s

 

MPlanck = (h c/G) 10-8 kg

 

 

Questo tempo di Planck (tPlanck  10-43 secondi!) è il limite attuale della nostra comprensione dell’Universo. A quell’istante della cronologia cosmica, l’Universo deve essere considerato come un sistema quantistico, retto sia dalla meccanica quantistica che dalla relatività generale. Ma, una simile teoria di “gravitazione quantistica”, che sposi le discipline che governano il mondo subatomico ed il mondo macroscopico, è ancora in cantiere.

 

Tuttavia, se quando l’orologio cosmico si avvicina al tempo di Planck la fisica conosciuta mostra i suoi limiti e non sa ancora come trattare il sistema quantistico Universo, possiamo comunque, partendo dai grandi principi di queste due discipline, abbozzare le grandi linee del suo stato intorno all’Era di Planck.

 

Un fossile riappare

Per la fisica quantistica, l’energia di un sistema non può assumere un valore qualsiasi. Questa energia non può che avere dei valori discontinui detti “livelli d’energia” e l’energia del sistema varia dunque per quantità discontinue (chiamati quanti).

 

Il livello più basso possibile viene chiamato “livello fondamentale” e dai principi della fisica quantistica si deduce che non ha mai un valore nullo. Mentre nella fisica classica una biglia messa a riposo in una scatola e non sottoposta a forze vi resterà a riposo, la sua equivalente quantistica sarà sottoposta ad un movimento perpetuo corrispondente all’energia non nulla del suo livello fondamentale.

 

Sebbene paradossale per il senso comune, questo comportamento è perfettamente stabilito sul piano teorico e confermato dall’esperienza e vi sono ripercussioni essenziali in cosmologia.

 

La prima è che, come la biglia quantistica, l’Universo è affetto da un livello d’energia fondamentale (che i fisici chiamano vuoto) che ha un valore non nullo.

 

La seconda è che questo vuoto quantistico si comporta in modo diverso rispetto ai mezzi fisici abituali. Possiede in effetti la proprietà citata più sopra di essere una possibile sorgente di gravitazione repulsiva(1).

 

Vediamo dunque che una sorgente di gravitazione repulsiva è possibile. Per motivi ancora mal compresi, questa energia oscura, generata nell’Universo più primordiale, rifarà la sua apparizione 14 miliardi di anni più tardi per governare nuovamente  la dinamica dell’Universo ed accelerare la sua espansione.

 

(1)     La sua equazione di stato si scrive P = c2 con negativo.

 

 

Un bilancio molto scuro!

Abbiamo visto in precedenza che la composizione dell’Universo non si limitava a ciò che l’occhio o il telescopio ci rivelano immediatamente: pianeti, stelle, galassie…

 

Tutti questi oggetti astronomici sono fatti di “materia visibile”. Ma ormai sappiamo che questa materia visibile non è che una piccola frazione della materia necessaria per spiegare tanto la formazione delle grandi strutture dell’Universo (galassie, ammassi…) quanto la loro dinamica.

 

D’altro canto, la scoperta dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo richiederebbe l’esistenza di una “energia oscura”, possibile residuo fossile delle fasi quantistiche dell’Universo.

 

Gli astronomi hanno come obiettivo permanente quello di censire nella maniera più precisa possibile questi diversi contributi. L’immagine che svela questo bilancio esaustivo del contenuto cosmico “Materia-Energia” è quella di un “Universo scuro” dominato principalmente (70% del contenuto globale) da “energia oscura” e “materia oscura” (25%).

Figura 21. Bilancio del contenuto “Energia-Materia” dell’Universo. Questo contenuto è dominato al 70% dall’energia oscura. La componente “materia” è dominata dalla materia oscura. La materia visibile (gas, stelle, galassie…) non contribuisce, con la radiazione, che a un livello di 5%.

 

Arriviamo dunque alla stupefacente conclusione che l’Universo sensibile ai nostri sensi diretti non è che un’infima parte (5%) dell’Universo reale e che la materia di cui siamo fatti non è che la “schiuma” di un “oceano nero” le cui proprietà esatte sono ancora da scoprire.